Aligi Sassu (Milano 1912 – Pollença SP 2000)
Il padre di Aligi, Antonio Sassu, fondatore nel 1894 del Partito Socialista Italiano a Sassari e amministratore de “L’avanguardia socialista” di Labriola, amante dell’arte e delle letture a carattere politico e artistico, si rivela subito fondamentale per la crescita culturale del figlio che attinge a questo fondo familiare e ha modo di conoscere precocemente i maggiori esponenti della corrente futurista.
All’inizio del 1921 la famiglia si ritrasferisce da Milano a Thiesi (SS): Aligi frequenta la scuola elementare e conosce per la prima volta i cavalli, liberi nella aspra campagna sarda, che diventeranno poi un suo tema ricorrente, come i colori accesi della natura sarda permeeranno la sua pittura. Col rientro a Milano, tre anni dopo, Aligi frequenta Bruno Munari: insieme nel ’27 si presentano a Marinetti che intuendo subito il suo valore lo invita a partecipare con alcune opere alla collettiva futurista nella Galleria Pesaro e l’anno seguente alla Biennale di Venezia. In quel periodo può apprezzare le opere di Boccioni, Carlo Carrà, Gaetano Previati, Tullio Mazzotti e trarne ispirazione per i suoi dipinti. Negli anni ‘27-‘29 dipinge numerosi quadri di piccole dimensioni, aventi spesso come soggetto lo sport, le industrie e le macchine; nascono così i Ciclisti, I minatori, L’operaio, Pugilatori e gli Uomini rossi. Questi ultimi appartengono già alla fase successiva, in cui Sassu si allontana dal Futurismo per concentrarsi nello studio dei maestri del passato e cercare un proprio stile che coniughi la rappresentazione della realtà, resa con espressionismo lirico, con una componente simbolica e un costante riferimento ad un classicismo eroico e mitico. Dopo la prima importante mostra nel ’30 a Milano, nel ‘34 soggiorna per tre mesi a Parigi dove studia a fondo la pittura francese della seconda metà ‘800; vi ritornerà a più riprese: ne nascono cavalli classicheggianti ma anche scorci di caffè o salotti chiusi (Maison Tellier). Durante il soggiorno parigino alcuni contatti rafforzano la sua avversione al regime fascista che sarebbe poi sfociata nell’adesione a “Corrente”.
Nel 1935 forma il Gruppo Rosso, organizzazione clandestina: a seguito dello scoppio della Guerra civile in Spagna, come antifranchista e simpatizzante dei partigiani spagnoli dipinge la Fucilazione nelle Asturie.
Accusato di complotto, rinchiuso nel carcere di Regina Coeli a Roma, riprende la pittura e il disegno con soggetti mitologici e ritratti dei carcerati. Graziato nel luglio del ‘38, rimane per alcuni anni un sorvegliato speciale; nel ’39 arriva in Liguria (Cogoleto) : ne rimangono riflessi nei paesaggi dei Piani d’Invrea e nei Porti di Savona. Ad Albisola, richiamato da Tullio, presso la Fornace Mazzotti, esplica compiutamente la sua produzione ceramica, all’insegna del vivace cromatismo e con un repertorio analogo a quello sperimentato in pittura: ricompaiono i celebri cavalli, docili ma anche rampanti o imbizzarriti, coloratissimi, alati o marini, le donne provocanti o malinconiche dei Caffè e della Maison Tellier. Il tema mitologico si fonde col quotidiano, il mondo marino col terrestre in cui i personaggi come dei o eroi classici si integrano in un tutt’uno con la natura rigogliosa, di boschi o marine, di pace o tempesta (Aligi Sassu, l’opera ceramica, 2000). Dopo una permanenza a Varese ritorna nel ‘50 in Sardegna ove dipinge le Tonnare; e ispirandosi a Diego Rivera e José Clemente Orozco, si dedica ai murales come La miniera, affresco di vaste dimensioni nella foresteria delle miniere di Monteponi a Iglesias.
Nel ’54 a Vallauris entra in contatto con Picasso e nello stesso anno espone alla Biennale di Venezia: I martiri di Piazzale Loreto sono acquistati da Giulio Carlo Argan per la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea. Ad Albissola Capo, su commissione del proprietario della Trattoria Pescetto, dipinge il ciclo delle Cronache di Albisola, pannelli in masonite che ben rappresentano la vita artistica della cittadina che vede spesso riuniti nel locale ceramisti, poeti, scrittori, critici. Quattordici anni più tardi, alla chiusura dell’esercizio, l’opera viene smembrata: oggi ne restano solo pochi pannelli recentemente esposti nella monografica sull’artista allestita a Savona (Aligi Sassu, cronache dalla Liguria, 2012). Nel 1957 l’incontro decisivo a Albisola con la soprano colombiana Helenita Olivares, che diverrà sua seconda moglie. All’inizio degli anni ’60, come vicesindaco di Albissola Marina, sovraintende alla realizzazione della Passeggiata degli Artisti, inaugurata nel ’63, cui partecipa con il pannello I cavalli del Sole, ospitato nel posto d’onore nella piazza del Popolo antistante il municipio, proprio davanti a quel Bar Testa frequentato dai protagonisti della “piccola Atene”.
Nello stesso anno col soggiorno alle Isole Baleari inizia il “periodo spagnolo” espresso in numerose Tauromachie, personaggi mitologici, sperimentazioni sugli acrilici e colori sempre più accesi.
Tra il ’65 e il ’99 partecipa a svariate mostre in Italia e all’estero (Galleria Civica di Monza, personale a Bucarest, Rotterdam, Toronto e Maiorca, Ferrara, al Palazzo dei Diamanti a Ferrara, Castel Sant’Angelo a Roma, Palazzo Reale a Milano, Siviglia, Madrid, Toronto, Montreal, Ottawa, Palma di Maiorca, XI Quadriennale di Roma, Triennale di Milano dell’86) e a numerosi progetti espositivi internazionali (Arte Italiana nel mondo a San Paolo del Brasile e a Bruxelles, nella nuova sede del Parlamento europeo, nel 1993 completa il grandioso murale in ceramica I Miti del Mediterraneo). Dopo la donazione a Lugano di 356 operenasce nel 2000 la Fondazione Aligi Sassu e Helenita Olivares a Maiorca ma dopo pochi mesi il maestro si spegne a Pollença il giorno del suo 88° compleanno.
Per saperne di più: Il Cenacolo degli Artisti. Albisola,la Piccola Atene, da Fontana a Luzzati. Catalogo della mostra 2014/2015 a cura della Associazione Lino Berzoini Savona (Carla Bracco, Lorenzo Zunino),
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