Ferrari Gaudenzio

GAUDENZIO FERRARI

Valduggia VC 1480c. – Milano 1546

Nasce a Valduggia in Valsesia,  che al tempo è assoggettata al Ducato di Milano in una data presumibile intorno al 1480.

Il contesto culturale e formativo passa soprattutto dalla figura di Giovanni Martino Spanzotti, sicuramente tra i grandi del Quattrocento poco considerato dai libri e dai manuali, che a Casale ha inizialmente bottega e con la sua attività influenza il territorio che dalla capitale paleologa si irradia tutto intorno fino al nord del Piemonte. Proprio il Siniscalco del Marchese Guglielmo VIII, Marco Scarognino, è il committente del polittico Madonna con il Bambino, tra san Giovanni Battista e san Francesco con il donatore Marco Scarognino, che arriva nella cappella della chiesa dei francescani a Varallo. L’artista è colui che convenzionalmente risponde al nome di Maestro di Crea, conosciuto soprattutto per essere l’autore degli affreschi della Cappella di Santa Margherita nel santuario di Crea, voluti appunto dal Marchese Guglielmo VIII. Oggi la critica ha individuato dietro l’appellativo di Maestro di Crea la figura di Francesco Spanzotti, fratello di Giovanni Martino. Il capo bottega sembra avere percorso una stagione di confronto bolognese con Francesco del Cossa, il cui eco ritorna nel Cristo in pietà, già sportello di un tabernacolo in una chiesa di Curino nel biellese ed oggi visibile nella Pinacoteca di Varallo e soprattuto con la Madonna in trono con il Bambino e quattro angeli (Madonna Tucher) della Galleria Sabauda di Torino.

Dalla chiesa di San Giacomo a Rimasco in val Sermenza, giunge la Madonna con il Bambino di Aimo Volpi, cognato di Giovanni Martino Spanzotti. Di qualche anno più tarda la tavola pare fare i conti con i seguaci milanesi di Leonardo, conosciuto mediante la diffusione di riproduzioni grafiche.  

Con l’ultimo decennio del Quattrocento si avviano i lavori del Sacro Monte di Varallo.  Il 14 aprile 1493 Bernardino Caimi riceve in donazione la chiesa e il convento di Santa Maria delle Grazie e quanto già eretto “super parietem”, in cima al monte, tra cui la cappella “subtus Crucem” da cui arriva il gruppo del Compianto sul Cristo morto (Pietra dell’unzione). Le sculture lignee del complesso sono attribuite alla bottega milanese di Giovanni Pietro e Giovanni Ambrogio De Donati, mentre la luce pittorica che le avvolge fa pensare nuovamente al gusto spanzottiano. Ancora più antico e non attribuibile ai De Donati è il Cristo calato giù dalla basilica dell’Assunta, ma per secoli e fino al 1980 presente all’aperto in cima alla fontana davanti al santuario. 

Secondo la testimonianza tardo cinquecentesca, ma affidabile del Lomazzo, Gaudenzio si forma nella bottega milanese di Stefano Scotti, anche se manca ogni riferimento documentario. Nella città ducale ha modo di immergersi nel clima artistico più aggiornato. In particolare nell’ultimo ventennio del secolo è presente Leonardo da Vinci, che si distingue per una particolare sensibilità ai moti dell’animo umano ed alla riproduzione dei caratteri grotteschi. Ma è soprattutto il Bramantino, allievo di Donato Bramante da Urbino, ad influenzarne il gusto e successivamente lo stile. L’artista milanese ha una attenzione particolare per il senso prospettico a cui inserisce un’astrazione quasi metafisica.

Gli esordi coincidono con l’attività dello Scotti nelle sue valli natali ed in particolare con la Cappella del Sepolcro della Vergine al Sacro Monte di Varallo, i cui affreschi sono ricostruiti nella Pinacoteca di Varallo come erano presenti “super parietem”  risalenti al 1495c. Si distinguono le scene della Assunzione della Vergine, Apostoli e Angeli cantori, Apostoli ed Angeli Cantori, Concerto angelico e Pesaggio. Il ciclo decorativo esprime una cultura milanese aggiornata dai fatti ferraresi che sollecitano gli artisti lombardi fino agli anni Settanta del Quattrocento e quindi successivamente dal nuovo linguaggio bramantesco. Nella cappella nel brano della Assunzione della Vergine i brani speculari degli Angeli oranti (FEG0001) si distinguono dal resto per uno scorcio da sotto in sù che rimanda agli insegnamenti aggiornati del Bramantino, oltre che per un modellato morbido e volumetrico. La critica concorda nell’attribuire a Gaudenzio la rappresentazione di questo brano pittorico e che dunque rivela anche la sua prima esperienza decorativa ad oggi conosciuta. 

Viene da pensare che il percorso da apprendista di bottega sia iniziato proprio con l’incontro della bottega e del suo maestro proprio a Varallo e che quindi si sia protratto nel tempo a Milano, per poi ritornare periodicamente al lavoro nella val Sesia. 

Ai primi anni del secolo e comunque prima del 1506, si situa un suo viaggio a Roma con probabile soggiorno a Firenze ed in altre città lungo il percorso. Nella città eterna scopre il mondo antico che si rivela nel sottosuolo e le fantastiche decorazioni “a grottesca” che sono assimilate e rivisitate dagli artisti rinascimentali e rimbalzano oltre che nelle suggestioni del Perugino, anche nella sale romane del Pinturicchio, nell’Orvieto del Signorelli e nelle creazioni di Filippino Lippi. Del pittore umbro in particolare, ha modo di osservare e studiare a fondo le opere le quali sono presenti anche alla Certosa di Pavia ed in Sant’Agostino a Cremona. Negli scritti ancora del Lomazzo il Perugino è chiamato più volte come “maestro di Gaudenzio”. 

Lo choc formativo romano deve avere differenziato Gaudenzio dagli altri artisti al lavoro tra Milano e la val Sesia in quei tempi che precedono il 1508 e le successive ondate di pittori lombardi in direzione Roma. Ci era già andato invece Giovanni Antonio Bazzi detto Il Sodoma, allievo dello Spanzotti.

Compagni di viaggio si presume potessero essere il Bramantino stesso ed Eusebio Ferrari. Purtroppo nessun documento è stato ritrovato per illuminare questo interessante periodo, importantissimo per gli sviluppi pittorici dei vari personaggi implicati. 

La tavola della Crocifissione realizzata intorno al 1490c. oggi a Budapest è attribuita 

al Maestro di Villa Pecco, già convento di Santa Croce in Boscaglia a Como. La figura del Maestro di Villa Pecco è oggi identificata con quella di Felice Scotti, cugino primo di Stefano e l’opera rappresenta il precedente per l’analogo soggetto, la Crocifissione (FEG0002) realizzata da Gaudenzio Ferrari tra il 1497 ed il 1500. L’ambiente della bottega degli Scotti ed il clima artistico milanese devono essere stati cruciali nella elaborazione del gusto per il giovane Gaudenzio, che vede nei lavori di Leonardo e del Bramantino delle sensazioni pittoriche a cui arriverà gradualmente nel tempo. Esemplificativo è il Noli me tangere di Bartolomeo Suardi detto Il Bramantino affresco staccato dai muri di Santa Maria del Giardino ed oggi presente nelle raccolte del Castello Sforzesco. Il debito nei confronti di Leonardo ed in particolare dell’Ultima cena si ferma solo all’elemento figurativo con il San Giovanni evangelista a braccia larghe visto magari unicamente in una riproduzione a scopo didattico mentre nei confronti del Bramantino si spinge fino alla attenzione per le lumeggiate sottili della veste dell’Evangelista. Anche le influenze della scuola ferrarese introdotte a Milano da una schiera di artisti lombardi quali Vincenzo Foppa, Bernardo Zenale, Bernardino Butinone si insinuano nel pennello del giovane pittore.

Nei primi anni del nuovo secolo, 1500/1505 si situano i due brani di affreschi staccati di cui si ignora la provenienza ed oggi visibili nella Pinacoteca di Varalllo, Testa di uomo con berretta rossa (FEG0003) e Testa di giovane (FEG0004). Ancora Gaudenzio sembra impadronirsi del senso estetico apparente prima che dello stile. Mostra la conoscenza della pittura leonardesca, ma esita nel procedere con l’assimilazione della pittura del maestro unita e densa che approderà solamente con il polittico di Arona. 

Sono del 1505c. le due tavole con la Adorazione dei pastori (FEG0005) e la Adorazione dei Magi, (FEG0006) in origine predelle di un complesso decorativo comprendente probabilmente una pala riconducibile a quella in Sant’Agostino della Misericordia a Vercelli voluta da Sebastiano Ferrero. Il linguaggio guizzante e corsivo si può assimilare allo stile compendiario che si diffonde alla fine del Quattrocento in tutta Italia in risposta alla scoperta delle grottesche romane. L’esito si avvicina alle opere giovanili di Amico Aspertini o in Lombardia del Maestro delle storie di Sant’Agnese, entrambi reduci dall’esperienza formativa a Roma. La rapidità di esecuzione al limite del non finito non va a scapito della qualità e non trova esiti qualitativi simili tra i contemporanei. Il gesto veloce ed ispirato contraddistinguerà, anche se non con simili accenti, tutta la produzione gaudenziana. 

La permanenza romana di Gaudenzio Ferrari precede la discesa del Bramantino chiamato da Papa Giulio II alla decorazione del suo appartamento che dopo poco sarebbero divenute le Stanze di Raffaello. 

L’influenza diretta del Bramantino si nota con evidenza nelle pitture murali di Santa Maria delle Grazie a Varallo nella Cappella Scarognino (FEG0007) 1507, oggi di Santa Margherita, soprattutto nell’episodio di Cristo tra i Dottori come nel Polittico di Sant’Anna (FEG0008) a Vercelli del 1508/1509 ricostruito da una intuizione di Testori e smembrato tra Londra e Torino. Lo stesso polittico di Vercelli mostra la evidente connessione con il Perugino e la tavola del Dio Padre della Certosa di Pavia. In realtà in queste due opere del 1507 e del 1508/1509  Gaudenzio sembra riuscire a fondere in una unica complessa soluzione una serie enorme di influenze in parte provate a Roma nella prima parte del pontificato di Giulio II. Perugino, Filippino Lippi, Bramante, Bramantino, la cultura prospettica lombarda, le decorazioni a grottesca fino alla pittura del pittore provenzale Josse Lieferinxe passato per le esperienze milanesi, e ravvisabile nel digradare del pavimento a losanghe. 

Con questa mole di esperienze pittoriche registrate e maturate nella Cappella Scarognino  e nel Polittico di Sant’Anna, avviene per la prima volta la frattura dell’unità formale spanzottiana-defendentesca in area vercellese. L’influenza di Leonardo ed in particolare del secondo periodo fiorentino e milanese appare sempre sotto traccia. Nella figura matronale di Maria che raccoglie il bambino dalle braccia di Sant’Anna, Gaudenzio mostra di conoscere la tavola di Leonardo Sant’Anna Metterza oggi al Louvre e che era forse nota a Milano dal 1506 e che però avrebbe potuto osservare già a Firenze. Il capolavoro di Leonardo comparirà a Casale in una data imprecisata forse a metà del Cinquecento con il ritorno di Federico Melzi dalla Francia e ci rimane fino al 1639 con la visita nella capitale ducale del cardinale Richelieu che la requisirà per donarla al re. 

Gli angeli musicanti del Polittico di Sant’Anna enfatizzati come protostorici degli strumenti ad arco trovano puntuale riferimento nella cultura cortigiana rappresentata nel Ciclo di affreschi di Palazzo Verga a Vercelli da parte di Eusebio Ferrari. 

Del 1510 sono l’Angelo annunciante e la Vergine annunciata (FEG00012) della Cappella della Annunciazione a Varallo, forse precedute intorno agli anni 1505/1510c. dalla Maddalena al Sepolcro (FEG0009) della Cappella del Sepolcro e nel 1508c. dalla pittura murale della Spogliazione di Cristo (FEG00010) della Cappella della Pietà e del Cristo (FEG00011) in legno della Cappella di Cristo condotto al Pretorio. 

Tra il 1509/1510c. Gaudenzio licenzia una unica composizione di cui rimangono due tavole con la Sacra allegoria (FEG00013) e l’Angelo portavoce (FEG00014). Nonostante l’ubicazione originaria sconosciuta si può considerare in quel periodo una certa ascendenza del Bramantino soprattutto con la Crocifissione di Brera e con il Trittico di San Michele della Pinacoteca Ambrosiana. 

Nel 1510/1511 Gaudenzio Ferrari realizza uno dei massimi capolavori della sua produzione. Il Polittico di Arona (FEG00015) (Adorazione del Bambino tra i Santi Caterina d’Alessandria, Barbara, Teodulo, Pietro martire e la committente Bianca di Saluzzo: Dio Padre e angeli tra i Santi Ambrogio, Gratiniano, Felino e Gerolamo; Cristo tra i dodici Apostoli). Conserva quasi per intero la carpenteria originale ed è un esempio di polittico intatto nelle sue parti pittoriche, a differenza di molti altri smembrati ed oggi ricostruiti su ipotesi immaginarie prendendo pezzi presenti in diversi musei anche stranieri. Se pure dovuto per la maggior parte alla sua mano nello stesso periodo è presente ad Arona anche il suo collaboratore principale dell’epoca: Fermo Stella. L’opera è una sintesi perfetta delle esperienze passate da Gaudenzio con la presenza delle grottesche a decorazione degli scomparti e la ripresa diretta dal Perugino del Polittico di San Michele presente alla Certosa di Pavia ed in particolare della tavola centrale con l’Adorazione del Bambino, oggi alla National Gallery di Londra. La Vergine riprende la stessa posa e la medesima partitura spaziale come anche il Bambino con il gesto delicato del dito avvicinato alle labbra. La medesima operazione compiuta qualche anno prima da Amico Aspertini con la Adorazione del Bambino in collezione privata milanese. 

Il Polittico di Arona è firmato Gaudenzio Vinci con il cognome della madre e datato in basso al centro 1511  2 giugno. 

La data 1513 che compare nei due clipei nei pennacchi degli archi del Tramezzo della chiesa di Santa Maria delle Grazie (FEG00016) a Varallo indica la fine dei lavori. L’impresa ha coinvolto Gaudenzio per parecchio tempo e deve avere visto all’opera anche una serie di collaboratori. Il punto di partenza stilistico può essere il polittico della parrocchiale di Cerano realizzato da uno dei principali aiuti del maestro, Sperindio Cagnoli. Successivamente Gaudenzio arricchisce il proprio percorso creativo in base alle proprie esperienze a partire dagli angeli che compaiono sul timpano che guardano con fervore al Perugino ed ancora di più al Pinturicchio. In alto sul timpano rappresenta il profeta Isaia con il versetto vetero testamentario 53, 12,: Tradidit in mortem animam suam. Alla base inserisce dentro due clipei le figure di San Francesco e di San Bernardino da Siena che indicano l’ordine di appartenenza dei primi religiosi del convento. Le grottesche decorano i capitelli e le ghiere degli archi e l’intradosso di quello centrale alla cui base Gaudenzio dipinge un rebus di leonardesca memoria, ancora oggi senza una soluzione veramente persuasiva. Ventuno episodi della storia di Cristo sono ripartiti in cornici bianche e su registi sovrapposti con la lettura dall’alto verso il basso da sinistra verso destra. La Crocifissione al centro del pannello prende lo spazio di quattro riquadri.

L’esempio è quello del tramezzo in San Bernardino di Ivrea realizzato da Giovanni Martino Spanzotti e comunque Gaudenzio nella stesura del ciclo riesce a coniugare le varie esperienze artistiche che lo hanno formato. Dalla tradizione piemontese dello Spanzotti di Ivrea, giunge alle novità del panorama milanese con le citazioni del favorito Bramantino, ma anche i volti e le turbe psicologiche di Leonardo. Arriva ancora a citare la pittura centro italiana del Perugino, del Pinturicchio e del Signorelli fino a soffermarsi sulle stampe in distribuzione al tempo di opere del Mantegna e del Durer. Trova il modo anche di citare liberamente il gruppo del Laocoonte, ritrovato a Roma nel 1506.

La fortuna della decorazione del tramezzo è immediata e viene subito ripresa tra il 1513 ed il 1515 nel tramezzo di Santa Maria delle Grazie a Bellinzona dalla bottega degli Scotti ed a partire dagli anni trenta del Cinquecento in diversi cicli affrescati dalla bottega dei Cavallazzi tra la Valle d’Aosta e la Valsesia. 

Gaudenzio oltre al tramezzo aveva già collaborato con la bottega degli Scotti alla decorazione della Cappella della Madonna delle Grazie alla fine del Quattrocento. Nel 1507 aveva decorato in autonomia la Cappella Scarognino. Sono invece perduti il Giudizio Universale (FEG00017) dipinto nella controfacciata ed altre probabili opere realizzate negli ambienti convenutali. 

Sono presenti nella Pinacoteca di Varallo due brani di affreschi staccati con Frate dormiente (FEG00018) databile 1507/1509c. e Testa di Santo Martire (FEG00019) risalente ad anni successivi 1515/1517c. di cui per entrambi non si conosce la provenienza. 

Tra il 1512/1513c. è databile la decorazione murale della Circoncisione (FEG00020) nella Cappella della Corconcisione sul Sacro Monte di Varallo. 

Nella chiesa vecchia sul Sacro Monte era presente un Angelo Annunciante (FEG00021) ed una Vergine Annunciata (FEG00022) databili introno al 1515. Oggi il primo dipinto è nella Pinacoteca di Varallo mentre il secondo risulta scomparso ed ipotizzabile solo per una copia antica visibile a Borgomanero.

Sempre del 1515c. sono la terracotta policroma della Natività (FEG00023) per la Cappella della Natività e le terrecotte della Madonna, San Giuseppe, Asino (FEG00024) per la Cappella dell’Adorazione dei pastori, entrambe sul Sacro Monte di Varallo. 

A Varallo, in frazione Roccapietra nell’oratorio della Madonna di Loreto tra il 1513 ed il 1515c. Gaudenzio Ferrari viene chiamato per la decorazione complessa resa da una terracotta policroma con la Madonna con il Bambino (FEG00025) (Madonna del latte) ed un ciclo di pitture murali con la Annunciazione e Due Angeli reggi cartiglio all’interno e la decorazione della lunetta esterna con la Adorazione del Bambino. (FEG00026) L’oratorio si presenta completamente decorato in una campagna che dura fino al 1574, e che doveva avere visto artisti impegnati anche in precedenza all’arrivo di Gaudenzio. La statua della Madonna con il Bambino è posta sopra l’altare inserita in una edicola in pietra con un soffitto decorato a cassettoni in prospettiva. La Vergine seduta si appresta ad allattare il Bambino che in piedi stenta a trovare l’equilibrio adatto. Il manto azzurro copre una veste colore oro pesante come un sacco che arriva a coprirle i piedi. La Madonna con il Bambino incarna perfettamente il sensibile naturalismo plastico della creatività gaudenziana, L’intima tenerezza della madre che allatta il figlio e la vivacità del bambino, rivelano l’umana spontaneità ed il sentimento sincero che pervade l’arte di Gaudenzio nell’intero percorso di Varallo. 

Sulla parete della nicchia due angioletti dipinti sono intenti a scostare un tendaggio ed aprendo la vista ad una mandorla di teste di cherubini che incorniciano la Madonna scolpita. Ai due lati si presentano l’Arcangelo Gabriele e la Vergine Annunciata dipinti. Più in alto sulla volta due Angeli reggi cartiglio  sono dipinti con abiti gonfi ed ali lunghissime. Nelle vele sono rappresentati ulteriori cinque coppie di Angeli dipinti da Fermo Stella nel 1539. Ulteriori dipinti con varie narrazioni sono stati realizzati nel 1542 ed attribuiti a Filippo Cavallazzi e bottega. 

La Adorazione del Bambino dipinta nella nicchia esterna è impreziosita da una doppia bordatura di grottesche su fondo giallo e su fondo bianco. Le figure sono rappresentate nella piena enfasi affettiva con i volti distesi e trattati con grande morbidezza. 

L’intero impianto pittorico si inserisce nello stesso senso stilistico del polittico di San Gaudenzio a Novara.

Intorno al 1517 Gaudenzio dipinge le Stigmate di San Francesco (FEG00027) su tavola, per la Cappella di San Francesco sul Sacro Monte di Varallo ed oggi visibile nella Pinacoteca di Varallo. La tavola a lungo esposta nella cappella aperta ed alla presenza supposta di affreschi perduti dello stesso Gaudenzio è caratterizzato da una forte ricerca di semplificazione nella ampiezza volumetrica delle figure. L’artista aveva avviato un processo già con il Polittico di Arona per allontanarsi dall’uso del colore aspro ed adeguarsi ad una tavolozza morbida e più vicina al vero, per giungere successivamente con il Polittico di San Gaudenzio a Novara ad una materia pittorica morbida e fusa che si esprime in particolare in corrispondenza dei volti, con le ombre portate all’altezza degli zigomi e tocchi luminosi rapidi e leggeri. La tavola con le Stigmate è al centro del percorso di ricerca del pittore che è sempre attento alle novità milanesi in generale e di Leonardo in particolare. 

Un foglio in deposito al Louvre di Parigi e dalla datazione presunta introno al 1520 rinnova l’interesse di Gaudenzio per lo stesso soggetto già indagato nella Cappella Scarognino più di dieci anni prima. La Presentazione di Gesù al Tempio (FEG00028) è un disegno a penna, acquerello marrone, carboncino e biacca che doveva fungere da modellato per qualche committente. In particolare si distingue per l’uso della biacca stesa per filamenti sottilissimi con la stessa tecnica utilizzata dal Bramantino. 

Databile invece al 1514/1516c. è un altro disegno realizzato a carboncino, matita nera e gessetto bianco con Sant’Agabio e San Paolo. (FAG00029) Il cartone oggi all’Accademia Albertina di Torino rappresenta i due santi poi inseriti nel Polittico di San Gaudenzio a Novara. La grande qualità di luminosità e freschezza del disegno si perde nella stesura pittorica forse affidata al suo collaboratore Sperandio Cagnoli. 

Il Polittico di San Gaudenzio (FAG00030) a Novara, viene realizzato in un periodo tra il 1514 ed il 1521, data in cui terminano i pagamenti relativi. Si presenta con la struttura lignea disegnata dallo stesso artista quasi integra; sono andate perdute le statue lignee che ne coronavano la parte alta. Dal punto di vista iconografico si registra la presenza dei due santi tipici della città come Gaudenzio ed Agabio. Le storie di San Gaudenzio sono narrate nella predella, uno dei capolavori in chiave grottesca del pittore, una vera e propria grande manifestazione di abilità  pittorica. Vicine al linguaggio eccentrico di Amico Aspertini ed alle suggestioni tipiche dei modi d’Oltralpe molto avvertirte dai sensibili artisti padani.  Lo scomparto centrale del registro inferiore mostra un gruppo di Santi che contornano la Vergine posta su di un trono di rocce ancora di tradizione leonardesca e zenaliana. Dopo la conclusione del tramezzo di Santa Maria delle Grazie, sviluppa una pittura più matura frutto della continua sperimentazione e del lavoro svolto, ma nel contempo si avvale sempre di più dei collaboratori tra cui spicca Sperandio Cagnoli, spiegando cosi il salto qualitativo che avviene spesso tra i cartoni preparatori e l’opera finita. 

Per il Duomo di Novara tra il 1515/1520c. Gaudenzio con la collaborazione di Sperindio Cagnoli crea la Ultima Cena. (FEG00031) Oggi la tavola dopo diverse traversie si presenta con la forma polilobata. Il suo andamento verticale si adatta alla misura della tavola, ma si ricollega alla tradizione lombarda ed al mondo delle stampe tedesche, in particolare alla xilografia Kleine Passion di Albert Durer da cui Gaudenzio trae l’impostazione generale e la posizione di alcuni soggetti. Nella tavola i discepoli sono disposti a cerchio intorno alla mensa imbandita e molti sono i brani di puro virtuosismo pittorico che mostrano una profonda riflessione sul Cenacolo leonardesco. 

Gaudenzio Ferrari è l’autore dell’intera composizione, compresa l’architettura costruita con un gioco alternato di scuri e di oro. Spetta invece a Sperando Cagnoli l’esecuzione dell’opera sicuramente stimolato dalla presenza del maestro. Ne esce uno dei suoi capolavori in cui la consueta gamma squillante di colori si avvicenda alla resa naturalistica degli incarnati con i volti tondi e gli occhi bovini, tipici del suo fare. Nel periodo della seconda metà del secondo decennio del secolo il rapporto tra maestro e collaboratore si fa più stretto e fiduciario con Sperandio che ha liberamente accesso ai cartoni ed alle soluzioni più folgoranti ed innovative proposte da Gaudenzio. 

Tra il 1517 ed il 1518c. Gaudenzio si dedica al Polittico di Sant’Eusebio (FEG00032) a Vercelli, oggi non ancora completamente ricomposto. L’affermazione fuori dai confini valsesiani ed in particolare a Vercelli, città di frontiera dominata dai Savoia si deve al grande bagaglio stilistico maturato ed alla capacità di rinnovarsi con la proposizione di nuovi modelli per le numerose macchine d’altare che i numerosi e prestigiosi committenti continuano a chiedere. 

In stretta relazione con il Polittico di San Gaudenzio a Varallo è il disegno di Santo Vescovo Gaudenzio(?), (FEG00033) 1516/1520c., realizzato a carboncino, matita nera e gessetto bianco e in carico alla Accademia Albertina di Torino. Il Polittico della chiesa di San Gaudenzio (FEG00034) a Varallo maturato tra il 1516 ed il 1520c. è oggi privo della carpenteria originale, della predella in monocromo dorato e della tavola apicale con Dio Padre. Il pittore compie l’opera con l’aiuto della bottega, infatti vi sono evidenti flessioni qualitative soprattutto negli scoparti laterali. Nello Sposalizio mistico si rivela un richiamo raffaellesco forse dovuto ad una Sacra Famiglia del 1507c., il cui modello è andato perduto ed all’epoca era conosciuto per riproduzioni a stampa. 

Tra il 1515 ed il 1520 e comunque prima dell’agosto 1521, Gaudenzio è al lavoro con la Crocifissione, (FEG0035) nella Cappella della Crocifissione a Varallo. Realizza sia le pitture murali che le statue in legno ed in terracotta dipinte, mettendo in scena con la complessa combinazioni di pitture e sculture gli istanti che seguono la morte di Gesù in croce, nel momento in cui la terra si spacca a metà. 

Nel periodo successivo dal 1521 al 1525c. realizza l’Arrivo dei Magi (FEG00036) per la Cappella dell’Arrivo dei Magi. Come nella precedente le pitture murali fanno da sfondo alle terrecotte policrome. 

Con l’inizio del terzo decennio l’attività di Gaudenzio sembra trasferirsi con continuità a Vercelli. La frequentazione era già cominciata nel primo decennio del Cinquecento in cui il pittore valsesiano conosce e frequenta le due botteghe principali della città. Quella dei Giovenone e quella di Eusebio Ferrari. Gaudenzio Ferrari si avvale di quest’ultimo già nel 1508 quando per arrivare a Vercelli sotto il dominio dello stato dei Savoie necessita di un mallevadore del luogo. Di Eusebio è la pala eseguita per la compagnia della Madonna nella chiesa del Carmine di Vercelli: la Madonna con il Bambino tra i Santi Eusebio, Apollonia, Alberto, Caterina d’alessandria e due donatori datata 1519. Originale per costruzione e dosaggio dei volumi memori del Bramantino l’opera non mostra troppa vicinanza con lo stile gaudenziano anche se sicuramente lo tiene in considerazione. Eusebio Ferrari farà perdere le sue tracce con il 1523 forse per la peste che nel 1524  colpirà il territorio piemontese. 

Nel periodo tra il 1520 ed il 1525c. Gaudenzio realizza il Politico di San Silano (FEG00037) per la chiesa di San Silano a Romagnano Sesia. Oggi dello smembrato polittico sono riemerse sei tavole con la Madonna con il Bambino tra i Santi Giuseppe e Antonio Abate e le due laterali con San Rosso e San Sebastiano tutte presenti nella collezione Borromeo dell’Isola Bella, i Santi che adorano il Santissimo Sacramento nel Szepmuveszeti di Budapest ed il San Giovanni Battista in collezione privata romana. Si ritiene ancora mancanti la cimasa con Dio Padre e la predella con quattro tavole dedicate alla’Angelo Annnunciante alla Vergine Annunciata, alla Visitazione ed all’Adorazione del Bambino. Impegnato nel trasferimento dalla Val Sesia alla Valtellina ed anche trattenuto forse più del dovuto nelle alti valli per il dilagare della peste, come con Fermo Stella a Morbegno e con Sperandio Cagnoli a Novara anche a Romagnano il maestro si affida fortemente alla bottega. In questo caso ad intervenire è Giuseppe Giovenone il Vecchio che risulta al servizio per un periodo di apprendistato di sei anni dal 9 gennaio 1521. Risultano attribuibili al collaboratore i due santi laterali dell’ordine inferiore. San Rocco e San Sebastiano che mostrano evidenti caduti stilistiche. Al contrario la tavola centrale rivela una tenera istantanea incentrata sulla esplosione degli affetti e sull’impasto di  tinte preziose in cui emergono i frutti dei melograni simboli della Passione e nel contempo della Chiesa. Con la tavola della Madonna, Gaudenzio sembra accelerare nella considerazione della cultura figurativa più aggiornata sia milanese con suggestioni leonardesche, ma anche con la introduzione delle monumentali dolcezze espressive di Raffaello magari desunto dall’intermediazione di Cesare de Sesto appena rientrato al nord e destinato presto a scomparire proprio per la peste. 

Nel 1526 Gaudenzio è ancora operante il Val Sesia, proprio a Valduggia con la Decorazione dell’Oratorio di San Rocco. (FEG00038) Dell’impresa restano pochi brani meglio leggibili dalle vecchie foto storiche. 

A Morbegno in Valtellina Gaudenzio giunge per completare i lavori realizzati per l’altare ligneo del Santuari dell’Assunta. Prodigiosi sono gli interventi intorno al 1520 di Giovanni Angelo e Tiburzio Del Maino che realizzano un Compianto costituito da otto figure di cui ne sopravvive una con la Madonna svenuta oggi visibile nella chiesa di San Giovanni Battista a Morbegno. 

Sopravvive oggi al Santuario dell’Assunta a Morbegno il telario di protezione di una delle ante dell’altare rappresentante la Natività della Vergine (FEG00039) realizzata tra il 1524 ed il 1525c. Nell’opera, nonostante la difficile lettura, Gaudenzio si propone nella sua dimensione di grande artista. La gamma cromatica appare ricercata e controllata come nella coperta rossa che taglia la scena e le figure delineate con sicurezza e prorompente gigantismo si delineano sapientemente nello spazio animate da emozioni sottili e dal ritmo incantato. 

La celebre famiglia Giovenone comprende la grandezza di Gaudenzio Ferrari e non trova di meglio che mettergli a servizio l’ultimo arrivato Giuseppe. La personalità del pittore valsesiano attrae tutto il caleidoscopio dei Giovenone dalla sua parte. Mirabile è la Madonna con il Bambino tra i Santi Rocco e Sebastiano di Gerolamo Giovenone nella chiesa di San Lorenzo a Mortara e databile al 1525c. Il Gesù Bambino infatti è una diretta ripresa del modello gaudenziano. 

Il cartone realizzato a matita nera, acquerello marrone e biacca datato 1525c. Madonna con il bambino e angeli musicanti, (FEG00040) oggi alla National Art Gallery di Dublino sviluppa fortemente le suggestioni gaudenziane del tempo e la Madonna sembra essere il prototipo tra il Polittico di Romagnano e la Madonna degli aranci di San Cristofaro a Vercelli. Le tracce di spolvero evidente testimoniano il suo utilizzo come cartone, pronto al trasferimento sulla carta lucida. Nel contempo lo stesso disegno mostra l’avvicinamento al percorso gaudenziano da una parte di Gerolamo Giovenone e di Bernardino Lanino dall’altra. Questo giustifica la confusione attributiva che il foglio ha dovuto subire per molti anni. Proprio il terzetto Gaudenzio-Giovenone-Lanino nei primi anni Trenta lavorano a ricalco uno dell’altro, si stringono fino a confondersi per poi allontanarsi gradualmente. Il sodalizio sarà suggellato nel 1543 dal matrimonio tra Bernardino Lanino e la figlia di Gerolamo Giovenone, Dorotea. 

Non si conosce la data di esecuzione e la destinazione originaria della tavola di Sarazota con la Adorazione del Bambino con un vescovo. (FEG00041) Presumibile dipinta intorno al 1530c. La tavola costituisce una delle invenzione gaudenziane di maggior fortuna, fatto testimoniato dalla ingente massa di repliche e derivazioni a partire dal Seicento. Alla luce della identificazione del vescovo con Giovanni Angelo Arcimboldi vescovo di Novara dal 1526, la pala va intesa vicina alle imprese di San Cristoforo con cui condivide l’alta qualità pittorica. Le ali ed i cangiantismi della veste dell’angelo in basso sono virtuosismi maturi. Leonardo è citato nella rupe cavernosa con la vegetazione, mentre il turbante del San Giuseppe riprende un fortunato modello spanzottiano. In considerazione che il vescovo Arcimboldi dimorava  spesso sul Lago d’Orta la tavola potrebbe essere stata destinata originariamente per un’importante chiesa della zona, magari San Giulio ad Orta. 

La residenza vercellese di Gaudenzio Ferrari trova il primo riscontro figurativo con la Sacra Famiglia con San Cristoforo, San Giovanni Battista, San Nicola da Bari , il Beato Orico e Andrea Corradi di Lignana (FEG00042) (Madonna degli Aranci) databile al 1530c. Lo sviluppo verticale presenta un fitto consesso di figure e mostra una certa mediazione con il manierismo centro italiano come evidenziato dalla torsione di San Cristoforo e la collocazione del piccolo Gesù. Le quattro tele dipinte a tempera con gli evangelisti San Giovanni, San Matteo, San Luca, San Marco, (FEG00043) in San Cristoforo a Vercelli sono state volute per proteggere la struttura della Madonna degli Aranci.  

Analoga per impostazione è la Madonna con il Bambino tra i Santi Bobone ed Eligio vescovo, (FEG00044) oggi alla Galleria Sabauda di Torino, ma in origine esposta nella perduta chiesa di Santa Maria di Piazza a Casale. 

Dal 1529 a seguito della Madonna degli Aranci, Gudenzio è coinvolto nella decorazione dei due bracci del transetto. Prima le Storie della Maddalena (FEG00045) e poi le Storie della Vergine. (FEG00046) Gli affreschi risultano dei capolavori nel percorso artistico di Gaudenzio e la fama di San Cristoforo ben presto travalica le mura cittadine. 

Il gusto gaudenziano in San Cristoforo, non si esaurisce con il ciclo decorativo, ma si perpetua con l’Adorazione del Bambino di Gerolamo Giovenne conservata nella Sacrestia e con l’Ultima Cena ad affresco realizzata da Bernardino Lanino, staccata alla fine dell’Ottocento ed oggi conservata al Museo Borgogna. 

Riconducibile a Gaudenzio Ferrari tra il 1530/1535c. è il disegno a matita nera e gessetto bianco su carta grigia con Testa di vecchio (FEG00047) oggi alla Biblioteca Reale di Torino, mentre il cartone con il Compianto su Cristo morto (FEG00048) del 1535, della Accademia Albertina di Torino trova riscontro con la tavola del Compianto su Cristo morto (FEG00049) di Budapest. Pur nella rapidità della stesura Gaudenzio non rinuncia a virtuosismi sorprendenti soprattutto nella considerazione cromatica che assume tratti quasi divisionisti con accostamenti e variazioni improvvisi. La maturazione e l’esperienza attraversate durante il ciclo di San Cristoforo a Vercelli contribuiscono a creare una monumentalità spaziale nel Compianto su Cristo morto. L’ubicazione probabile è stata suggerita come cimasa dell’ancona di Santa Caterina a Vigevano. Anche il disegno del Nasjonalmuseet di Oslo Sposalizio mistico di Santa Caterina da Siena e Santa Caterina d’Alessandria  (FEG00050) si collega all’opera vigevanese e mostra una condizione luminosa coerente propri con il Compianto. 

Tra il 1533 ed il 1535c. Gaudenzio Ferrari licenzia il Polittico di Gattinara. (FEG00051) Il periodo per Gaudenzio è ricco di commissioni e non indugia ad affrontare il lavoro affidandolo ai collaboratori. Le tavolette della predella in particolare sono attribuibili a Giuseppe Giovenone il Vecchio, fratello minore di Gerolamo presente dal 1521 nella bottega del maestro valsesiano. Quattro lamento con Santi sono in Pinacoteca di Varallo mentre altre due parti sono in collezione privata a Valduggia. La parte consistente del polittico dopo molti passaggi è oggi conservato al Museo Borgogna di Vercelli. 

Tra il 1531 ed il 1534 Gaudenzio è chiamato a Casale dai fratelli De Nanis. L’unico elemento superstite è il Battesimo di Cristo (FEG00052) che in origine comprendeva due eventi laterali con una Santa Lucia ed una Maddalena, oltre a due predelle con Storie di Santa Lucia e Grottesche, tutte scomparse nel tempo. Anche il Battesimo che ha subito i danni per un incendio nel 1746 risulta piuttosto illeggibile con il fondo completamente rifatto a suo tempo. 

Gaudenzio Ferrari risulta dalle fonti anche l’autore del Ciclo decorativo del coro (FEG00053) di San Domenico andati perduti e la Madonna con il Bambino tra i Santi Bobone ed Eligio vescovo e la Crocifissione documenta intorno al 1830 in casa Crescia, ed entrambe oggi conservate alla Galleria Sabauda di Torino. 

Dal 1530 è documentato a Vercelli accanto al maestro valsesiano, Bernardino Lanino il quale sarà  ben presto pronto a cogliere gli spazi lasciati liberi in area cittadina ed in Valle Sesia divenendo il suo traduttore autorizzato come evidenzia la pala del 1530c. Trinità con una santa che presenta un donatore e l’Arcangelo Raffaele con Tobiolo.

L’ultima stagione di Gaudenzio Ferrari si inaugura con le grandi pale a campo unico, in cui il pittore alza i toni e le figure si ingigantiscono presentando esagerate esibizioni muscolari. E’ il Manierismo che si impone e che contamina anche Gaudenzio, nonostante rimanga ancorato ancora alla sua tipica atmosfera affettuosa e tenera. 

Tra il 1530 ed il 1534c. si pone lo Sposalizio di Santa Caterina d’Alessandria con i Santi Gaudenzio, Giuseppe e Agabio, il martirio di Santo Stefano e San Giovanni Battista nel deserto, (FEG00054) per il Duomo di Novara. Nella struttura lignea andata perduta si trovava in alto della pala la Pietà e nella predella una serie di Angioletti danzanti e suonatori. Oggi la struttura lignea vede la Pietà in basso con accanto due brani come predelle non originali. Con questa opera Gaudenzio realizza una superba invenzione compositiva che gioca con i personaggi in primo piano e la vivacità delle scene sullo sfondo. Innovativo è la torsione del Bambino che nello sporgersi verso la Santa si volge con lo sguardo verso la Madre, in una composizione centripeta ma con continue mutazioni di linee direttrici. Il bilanciamento ricercato nella impostazione si ritrova nell’equilibrio cromatico tra il fucsia ed il rosso, tra l’arancio ed il giallo, tra il blu ed i verdi del paesaggio. La forma ed il colore sono sostenuti dalla stesura pittorica modulata per chiaroscuri e sottili riflessi raffinati in cui il virtuosismo dell’artista raggiunge livelli assoluti. La festosa soluzione degli angioletti, precede quella che sarà dipinta nella sommità della cupola del santuario di Saronno e che ha il suo precedente nella cimasa dell’ancona lignea di Giovanni Angelo Del Maino per Morbegno e dipinta e dorata da Gaudenzio e Fermo Stella tra il 1520 ed il 1525.

Lo Sposalizo novarese, con il suo messaggio figurativo, rappresenta il viatico per l’approdo sulla scena milanese. 

Lo Sposalizio della Vergine, (FEG00055) disegno della Biblioteca Ambrosiana, databile tra il 1530 ed il 1535c. Rivela l’adesione ad un soggetto riproposto più volte sia a San Cristoforo a Vercelli che nel polittico di Busto Arsizio e nell’anta dell’ancona Sposalizio della Vergine di Sant’Abbondio a Como. Il soggetto deve avere sostato per molto tempo in bottega e riaggiornato con continuità fino ad essere utilizzato anche dopo la morte del maestro. 

Ancora da datarsi a Vercelli tra il 1520/1532c. è l’Angelo annunciante (FEG00056) di Berlino, mentre il disegno con gli Angeli musicanti (FEG00057) oggi a Monaco di Baviera e databile 1532/1534c. va ricondotto alla fase di progettazione per gli Affreschi della cupola di Santa Maria dei Miracoli (FEG00058) a Saronno realizzati tra il 1535/1536c. L’idea iniziale della decorazione a spicchi lascia poi la soluzione definitiva della decorazione della cupola in una unica soluzione. Procedimento quasi senza precedenti a parte quella del Correggio in San Giovanni Evangelista a Parma e conclusa nel 1524. 

Del 1535c. sono una serie di Putti suonatori (FEG00059) monocromi su tavola, di cui non se ne conosce l’ubicazione originaria e che oggi sono distribuiti due a Varallo, due al Museo di Dedroit, due alla Galleria Sabauda e due a Budapest di cui se ne sono perse le tracce. 

Forse utilizzati nei pilastrini di un polittico sono confrontabili con quelli della predella dello Sposalizio mistico di Santa Caterina a Novara o con quelli presenti nella cupola di Saronno. Un delicato e sottile tratteggio si accompagna ad un morbido modellato che rende sapientemente i volti tra penombra e luce. 

Sempre nel periodo tra il 1530 ed il 1535c. sono una serie di tavolette realizzate a monocromo bronzeo per la predella di un polittico di cui si ignora l’ubicazione originaria con le Storie di Santa Caterina d’Alessandria. (FEG00060) Le tavole sono presenti a Novara in collezione privata, nella Pinacoteca di Varallo e due sono andate disperse sul mercato antiquariale londinese. Realizzate con l’aiuto di un collaboratore visto lo scarto qualitativo di qualche particolare la trama di linee crea un tratteggio fitto e guizzante. Ipotizzabile la collaborazione di Bernardino Lanino o di Giuseppe Giovenone il Vecchio oppure di altro aiuto ancora non decifrabile. 

La Pala di Santa Chiara (FEG00061) era stata destinata nel 1538c. per per la Chiesa di Santa Chiara che si trovava all’esterno del convento milanese Francesco intitolato alla santa. Purtroppo smembrata si trattava di una pala a comparto unico. L’opera si situa a monte della crisi manierista che investirà il pittore negli anni seguenti ed è da considerarsi tra i primi lavori eseguiti nella capitale ducale. La scena è intrisa di una sottile ed accorata malinconia che sfiora molti artisti in quel periodo storico dopo il sacco di Roma e successivamente alla constatazione della divisione insanabile della Chiesa. 

Sul finire del decennio Gaudenzio realizza l’Andata al Calvario (FEG00062) di Cannobio ed il Martirio di Santa Caterina (FEG00063) a Brera, entrambe opere estremamente affollate e concitate al contrario invece del Battesimo di San Giovanni (FEG00064) per la chiesa di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso a Milano, databile 1540/1541c. La scena pausata è ambientata in una luce fredda con i personaggi principali osservati da angeli apteri e quindi uno stacco spaziale per arrivare all’affollato gruppo con il Dio Padre, lo Spirito Santo e gli angioletti. Il soggetto già affrontato nel tramezzo di Varallo e nel Duomo di Casale ed in altre opere disperse, può avere ospitato l’aiuto di Giovanni Battista Della Cerva che è attestato collaboratore di Gaudenzio dal 1537. 

Intorno al 1540c. è il Cristo e la Samaritana al pozzo (FEG00065) della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Va inserito nel periodo più tardo della sua produzione quando Gaudenzio realizza diversi quadretti del genere destinati a devozione privata. 

La collaborazione fattiva di Giovanni Battista della Cerva è stata sempre proposta dalla critica. Questa stagione potrebbe essere chiarita con la esatta attribuzione di disegni oggi nella Pinacoteca Ambrosiana e riferiti a Bernardino Luini o a Bernardino Lanino, non lontane dalla regia compositiva di Gaudenzio. 

Dalla Chiesa di Sant’Andrea a Maggianico presso Lecco giunge il Polittico di Sant’Adrea, (FEG00066) fortemente smembrato e di cui non è facile ricostruire l’impostazione originaria. Le due tavole con Sant’Andrea e Cristo Risorto oggi conosciute sono alla National Gallery di Londra meno le predelle possono essere quelle in monocromo buono del Castello Sforzesco di Milano. Altre tavole con San Rocco, San Cristoforo erano situate in alto mentre tavole con San Pietro, San Bernardo, Sant’Antonio Abate, e Sant’Ambrogio erano disposti a coppie nell’ordine inferiore. 

A complicare la situazione sempre nella chiesa di Sant’Andrea a Maggianico è presente un trittico con Sant’Ambrogio, Sant’Antonio Abate e San Gerolamo, (FEG00067) sempre attribuibile a Gaudenzio Ferrari ed alla sua bottega. 

L’Angelo che regge due scudi araldici (FEG00068) del 1540c. oggi all’Accademia Albertina, sembra stato realizzato con l’aiuto di Giovanni Battista Della Cervia. Non si conosce a quale impresa decorativa fosse legato forse con la distrutta Cappella Gallarati nella chiesa di Sant’Angelo vecchio, dove si sa fossero presenti degli angeli. L’ipotesi si fa meno importante se si considerano gli angeli vicini a quelli della Decorazione della Cappella di Santa Corona (FEG00069) a Santa Maria delle Grazie, 1540/1542c. In questo caso la rigidità del disegno poco si accorderebbe con la scioltezza dei vivaci angeli della volta.

Il Polittico dell’Assunta (FEG00070) per la Chiesa di Santa Maria di Piazza a Busto Arsizio è datato al 1541 e si compone di più tavole da cui spicca per fama la tavola con San Giovanni Battista che ha avuto diverse repliche sia grafiche che dipinte. La macchina creativa della chiesa di Busto si completa con i lavori della bottega nel presbiterio eseguiti nel 1542, in cui è identificata la mano di Giovanni Battista Della Cervia. 

Tra il 1541 ed il 1543 Gaudenzio decora la Cappella Cavalcabò Trivulzio con le scene delle Storie della Vergine (FEG00072) e con l tavola dedicata alla Nascita della Vergine. (FEG00071) Oggi gli affreschi strappati sono nella Pinacoteca di Brera. E’ una pittura dal tratto veloce quasi istantaneo che si serve di tinte molto diluite e di frequenti ritocchi a secco o di lumeggiate in oro per esaltare i dettagli, le ombreggiature ed i cangiantismi. Lo sfoggio delle pose nei primi piani mostra una certa adesione al manierismo di radice veneta, mentre nella posa dell’Angelo con liuto Gaudenzio cita l’Incoronazione di spine del Tiziano dipinta proprio per la contigua cappella di Santa Corona ed oggi visibile al Louvre. L’episodio contribuisce anche a datare l’arrivo della pala nel febbraio del 1543, quando il cantiere di Gaudenzio volgeva al termine. 

La tavola del San Paolo nello studio (FEG00073) datato 1543 oggi a Lione potrebbe essere intesa come una reazione all’Incoronazione di spine del Tiziano, che Gaudenzio ha dovuto respirare a lungo nella stessa chiesa. 

San Gerolamo penitente con il committente Paolo Della Croce, (FEG00074) viene commissionato e realizzato tra il 1545 ed il 1546 per la Chiesa di San Giorgio al Palazzo a Milano. L’opera è lasciata incompiuta alla morte del maestro avvenuta il 31 gennaio 1546 e quindi è completata dal collaboratore Giovanni Battista Della Cerva. Sulla messa in scena appare evidente l’influenza di Leonardo ed in particolare della Vergine delle Rocce nella versione oggi alla National Gallery di Londra ed al tempo visibile nella Chiesa di San Francesco Grande a Milano. Anche la pala del Ratto di Proserpina (FEG00075) ideata da Gaudenzio anni prima sempre per la Chiesa di San Giorgio al Palazzo  risente dell’eco leonardesco. Oggi questa pala è andata perduta e se ne può individuare la temperie in una stampa francese cinquecentesca. 

La tavola di Bernardino Lanino con il ritratto di Cassiano Dal pozzo senior,  oggi visibile a Roma apre l’ipotesi alquanto probabile di pensare a Gaudenzio Ferrari anche come eccellente ritrattista. Purtroppo ad oggi non sono presenti opere con tali soggetti del maestro valsesiano. 

L’Ultima cena (FEG00076) dipinta da Gaudenzio Ferrari per la Chiesa di Santa Maria della Passione di Milano è posizionata all’interno di una cornice che riprende stilemi di inizio secolo. Oltre ai riferimenti chiari di Leonardo e del Bramantino con l’Ultima cena Gaudenzia tenta di aggiornarsi con le ultime tendenze del contesto milanese. Dal Moretto a Callisto Piazza fino a Paris Bordon. L’apporto di Giovanni Battista Della Cervia si deve essere limitato, dopo la morte del maestro, al completamento delle parti ancora scoperte. 

Come anche con altri soggetti Gaudenzio Ferrari, con l’Ultima cena, diviene un esempio da imitare per i pittori che lo hanno preso a modello. E’ il caso dell’Ultima cena di Bernardino Lanino nella Chiesa di San Nazzaro a Milano. Dell’Ultima cena di Valerius van Diependaele detto Valerio Profondavalle in San Lorenzo ad Adorno Micca. L’Ultima cena di Raffaele Crespi per la Chiesa di Maria Vergine di Cerano. Della Adorazione dei pastori del Cerano (Giovanni Battista Crespi) dei Musei Reali di Torino. Della Madonna con il Bambino e San Giulio di Ortensio Crespi per la Chiesa di San Giulio d’Orta. Cristo spogliato dalle vesti di Pier Francesco Mazzuchelli detto il Morazzone. Sacra famiglia con San Cristoforo, Sn Giovanni Battista, San Nicola da Bari, il Beato Orico e San Francesco copia da Gaudenzio Ferrari di Francesco Giussano detto Bellone del Museo Civico di Novara. 

Opere di questo artista: